Un’urgenza politica nelle lotte per i diritti, la pace, la Palestina e l’Ucraina

C’รจ un equivoco che ritorna sempre, come un riflesso automatico: pensare che la ๐ง๐จ๐ง๐ฏ๐ข๐จ๐ฅ๐ž๐ง๐ณ๐š sia una scelta comoda. Una zona neutra. Una fuga dal conflitto.

รˆ l’opposto.

In realtร , oggi la nonviolenza รจ una ๐ง๐ž๐œ๐ž๐ฌ๐ฌ๐ข๐ญ๐š̀ ๐ฉ๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐ข๐œ๐š, non soltanto un esercizio morale. รˆ una scelta di efficacia, in un tempo in cui gli ๐ฌ๐ฉ๐š๐ณ๐ข ๐๐ž๐ฆ๐จ๐œ๐ซ๐š๐ญ๐ข๐œ๐ข si stanno restringendo e il conflitto viene progressivamente espulso dalla sfera politica.

Viviamo una fase in cui il conflitto sociale e politico non รจ piรน considerato parte fisiologica della democrazia, ma trattato come un problema di ๐ฌ๐ข๐œ๐ฎ๐ซ๐ž๐ณ๐ณ๐š. Le domande di giustizia diventano rischi da contenere, le mobilitazioni minacce da prevenire, il dissenso qualcosa da sorvegliare e, sempre piรน spesso, da reprimere.

Negli Stati Uniti, strumenti come il ๐๐š๐ญ๐ข๐จ๐ง๐š๐ฅ ๐’๐ž๐œ๐ฎ๐ซ๐ข๐ญ๐ฒ ๐๐ซ๐ž๐ฌ๐ข๐๐ž๐ง๐ญ๐ข๐š๐ฅ ๐Œ๐ž๐ฆ๐จ๐ซ๐š๐ง๐๐ฎ๐ฆ ๐๐’๐๐Œ-๐Ÿ• rendono esplicita questa direzione: categorie vaghe, definizioni elastiche, un uso politico della nozione di “๐ญ๐ž๐ซ๐ซ๐จ๐ซ๐ข๐ฌ๐ฆ๐จ ๐ข๐ง๐ญ๐ž๐ซ๐ง๐จ” che puรฒ inglobare dissenso, attivismo e critica radicale. Antifascismo, anti-americanismo, anti-capitalismo, ostilitร  verso modelli “tradizionali”, posizioni su migrazione, genere o diritti civili diventano ๐ข๐ง๐๐ข๐œ๐š๐ญ๐จ๐ซ๐ข ๐๐ข ๐ซ๐ข๐ฌ๐œ๐ก๐ข๐จ, non piรน opinioni politiche.

Quando le idee diventano indizi e le posizioni fattori di pericolositร , il problema non รจ piรน solo americano. รˆ un modello.

E quel modello lo vediamo all’opera anche in Europa.

In ๐”๐ง๐ ๐ก๐ž๐ซ๐ข๐š, la compressione dei diritti civili e dello spazio pubblico รจ ormai sistemica: societร  civile, universitร , diritti LGBTQ+, libertร  di stampa. Non attraverso rotture clamorose, ma mediante una normalizzazione lenta e pervasiva.

In ๐€๐ฎ๐ฌ๐ญ๐ซ๐ข๐š, l’estensione degli strumenti di prevenzione e sorveglianza rischia di colpire organizzazioni della societร  civile impegnate in attivitร  pacifiche, limitando libertร  di associazione ed espressione.

In ๐ˆ๐ญ๐š๐ฅ๐ข๐š, conosciamo bene questa deriva: decreti sicurezza, inasprimento delle pene per chi manifesta, retorica dell’ordine come valore supremo. Il conflitto รจ tollerato solo se non disturba. Se disturba davvero, diventa un problema.

In questo contesto, la violenza — anche simbolica, anche episodica — รจ sempre il miglior alleato di chi vuole restringere diritti e libertร .

๐๐š๐ฅ๐ž๐ฌ๐ญ๐ข๐ง๐š: ๐ฅ๐š ๐๐ž๐ฅ๐ž๐ ๐ข๐ญ๐ญ๐ข๐ฆ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž ๐œ๐จ๐ฆ๐ž ๐ฌ๐ญ๐ซ๐š๐ญ๐ž๐ ๐ข๐š

Sulla Palestina questa dinamica emerge in modo particolarmente brutale.

In molti paesi europei, la solidarietร  al popolo palestinese viene progressivamente spostata dal piano dei ๐๐ข๐ซ๐ข๐ญ๐ญ๐ข a quello della ๐ฌ๐ข๐œ๐ฎ๐ซ๐ž๐ณ๐ณ๐š. Criticare le politiche del governo israeliano, denunciare l’occupazione e lo sterminio della popolazione civile, chiedere il ๐œ๐ž๐ฌ๐ฌ๐š๐ญ๐ž ๐ข๐ฅ ๐Ÿ๐ฎ๐จ๐œ๐จ e il rispetto del ๐๐ข๐ซ๐ข๐ญ๐ญ๐จ ๐ข๐ง๐ญ๐ž๐ซ๐ง๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐š๐ฅ๐ž ๐ฎ๐ฆ๐š๐ง๐ข๐ญ๐š๐ซ๐ข๐จ รจ diventato, negli ultimi anni, un atto sospetto.

Il passaggio decisivo avviene quando questa denuncia esce dai circuiti militanti, diventa oggetto di attenzione da parte degli organismi internazionali e assume una dimensione ๐๐ข ๐ฆ๐š๐ฌ๐ฌ๐š. Centinaia di migliaia di cittadini, associazioni ed enti locali hanno preso posizione di fronte a una tragedia umanitaria senza precedenti.

A quel punto, una parte del dibattito pubblico sceglie una scorciatoia: non discutere il merito delle richieste — legalitร  internazionale, protezione dei civili, aiuti umanitari — ma delegittimare il movimento sul piano morale, appiccicandogli un’etichetta che pesa come una condanna: ๐š๐ง๐ญ๐ข๐ฌ๐ž๐ฆ๐ข๐ญ๐ข๐ฌ๐ฆ๐จ.

รˆ una confusione deliberata. Si mescola la critica a un governo con l’odio verso un popolo. Si cancella la distinzione tra antisionismo, critica politica, solidarietร  umanitaria e pregiudizio antiebraico. Il risultato รจ duplice: si colpisce la credibilitร  di chi protesta e si sposta il conflitto dal terreno dei fatti a quello delle intenzioni, dove รจ piรน facile criminalizzare e piรน difficile difendersi.

Dirlo non significa minimizzare un problema reale. L’antisemitismo esiste, รจ pericoloso e va combattuto senza ambiguitร . Ma proprio perchรฉ รจ una cosa seria, non puรฒ essere usato come ๐œ๐ฅ๐š๐ฏ๐š ๐ฉ๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐ข๐œ๐š per zittire chi chiede diritti e protezione dei civili. Se tutto diventa antisemitismo, alla fine nulla lo รจ davvero: si banalizza il termine e si indebolisce la lotta contro l’odio autentico.

In questo scenario, ogni ambiguitร , ogni atto violento, ogni linguaggio che scivola nella radicalizzazione diventa un’arma contro la causa stessa. Non perchรฉ la richiesta di giustizia sia sbagliata, ma perchรฉ il contesto politico รจ costruito per usare la violenza come alibi per il silenzio.

La veritร  necessaria รจ che la violenza non rafforza la causa palestinese — e non rafforza nessuna causa. La rende piรน isolabile, piรน fragile, piรน facilmente reprimibile.

๐”๐œ๐ซ๐š๐ข๐ง๐š: ๐ฅ๐š ๐ง๐จ๐ง๐ฏ๐ข๐จ๐ฅ๐ž๐ง๐ณ๐š ๐œ๐จ๐ฆ๐ž ๐ซ๐ž๐ฌ๐ฉ๐จ๐ง๐ฌ๐š๐›๐ข๐ฅ๐ข๐ญ๐š̀ ๐ฉ๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐ข๐œ๐š

Il tema dell’Ucraina rende il quadro ancora piรน complesso e ci obbliga a uscire dalle semplificazioni.

L’invasione russa รจ un’aggressione evidente, una violazione del diritto internazionale e della sovranitร  di uno Stato. Difendere il popolo ucraino significa riconoscere questo dato senza ambiguitร .

Ma riconoscerlo non puรฒ significare rinunciare a una riflessione politica piรน ampia. In Europa, il conflitto ucraino รจ stato spesso utilizzato per legittimare una ๐ง๐จ๐ซ๐ฆ๐š๐ฅ๐ข๐ณ๐ณ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž ๐๐ž๐ฅ๐ฅ๐š ๐ ๐ฎ๐ž๐ซ๐ซ๐š: aumento vertiginoso delle spese militari, retorica bellica permanente, riduzione dello spazio per il dissenso pacifista, sospetto verso chi pone domande su escalation, diplomazia e soluzioni negoziali.

Anche qui, la nonviolenza non รจ negazione della realtร , ma ๐ซ๐ž๐ฌ๐ฉ๐จ๐ง๐ฌ๐š๐›๐ข๐ฅ๐ข๐ญ๐š̀ ๐ฉ๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐ข๐œ๐š. รˆ il rifiuto di accettare che la guerra diventi l’unico linguaggio possibile, l’unica risposta pensabile, l’unico orizzonte.

Chi chiede negoziati, ๐œ๐ž๐ฌ๐ฌ๐š๐ญ๐ž ๐ข๐ฅ ๐Ÿ๐ฎ๐จ๐œ๐จ e canali diplomatici non sta “tradendo” nessuno. Sta difendendo l’idea che la pace non sia una resa, ma un ๐จ๐›๐ข๐ž๐ญ๐ญ๐ข๐ฏ๐จ ๐ฉ๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐ข๐œ๐จ da costruire.

Nonviolenza non รจ equidistanza

Serve dirlo con chiarezza: la nonviolenza non รจ equidistanza, nรฉ ingenuitร .

รˆ una ๐ฌ๐œ๐ž๐ฅ๐ญ๐š ๐๐ข ๐œ๐š๐ฆ๐ฉ๐จ.
รˆ decidere dove si combatte il conflitto.
รˆ non farsi trascinare dove il potere oppressivo รจ piรน forte: nella paura, nell’emergenza permanente, nella logica amico-nemico.

La nonviolenza รจ conflitto aperto, ma leggibile: si capisce chi chiede cosa, contro chi o cosa si protesta, su quali principi — diritti, legge, giustizia.
รˆ radicalitร  che non regala appigli a chi vuole chiudere gli spazi democratici.

Storicamente, i movimenti nonviolenti hanno ottenuto risultati proprio perchรฉ hanno reso evidente l’๐š๐ฌ๐ข๐ฆ๐ฆ๐ž๐ญ๐ซ๐ข๐š ๐ฆ๐จ๐ซ๐š๐ฅ๐ž ๐ญ๐ซ๐š ๐œ๐ก๐ข ๐ซ๐ž๐ฉ๐ซ๐ข๐ฆ๐ž ๐ž ๐œ๐ก๐ข ๐ซ๐ž๐ฌ๐ข๐ฌ๐ญ๐ž.
Quando questa asimmetria si spezza, quando la violenza entra in campo, il potere torna immediatamente in vantaggio.


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Un’urgenza politica nelle lotte per i diritti, la pace, la Palestina e l’Ucraina

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