Venne infine un tempo

«Venne infine un tempo in cui tutto quello che gli uomini avevano considerato inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffici, e poteva essere venduto. Il tempo nel quale le stesse cose che fino allora erano compartecipate ma mai scambiate; date, ma mai vendute; acquisite, ma mai comperate – virtù, amore, opinioni, scienza, coscienza, ecc. – tutte passarono nel commercio. Il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o per parlare in termini di economia politica, il tempo nel quale qualsiasi cosa, morale o fisica, una volta attribuitale valore venale è portata al mercato per ottenere un prezzo e una volta stabilito il suo valore commerciale è messa sul mercato per ricevere un prezzo, il suo corrispettivo più oggettivo». 


Eccole qui le profetiche parole di Karl Marx in “La miseria della filosofia”, scritte nel 1847 sono oggi più che mai attuali. La mercificazione del mondo sta provocando un disastro socio-ambientale. 
Le protezioni economiche e sociali che abbiamo a disposizione appaiono sempre più fragili. Quante volte di fronte a richieste legittime di avere un’assistenza, un lavoro, un quartiere o una scuola accessibile, cose che permetterebbero alla persona con disabilità di vivere una vita “normale”, ci sentiamo dire che non ci sono fondi sufficienti e di ulteriori tagli. 
Così spesso il lavoro che la nostra Associazione è ridotta a fare è quello di tamponare i buchi di uno stato sociale sempre più debole e piegato alle logiche dell’economia di mercato. 
Oggi, come duemila anni fa, la provocazione evangelica che ci ricorda che: “Non è l’uomo per il sabato ma il sabato per l’uomo” (Mc. 2,27), ci sfida indicandoci un parametro non negoziabile: quello della preminenza della persona umana su qualunque organizzazione o realtà anche se creata dall’uomo stesso. Così come non è l’uomo servo dell’economia ma l’economia dovrebbe essere per l’uomo. L’uomo, la sua felicità e il suo benessere, sono il basamento di ogni legge che voglia essere giusta e di ogni forma di convivenza umana. Con questo spirito dovremmo contrapporre alla riduzione a merce di ogni cosa, la gratuità e la solidarietà. Se volessimo realmente contrastare il sistema che produce discriminazione e impoverimento dovremmo essere realmente alternativi iniziando da ciò che c’è prossimo. Contro l’esclusione dovremmo promuovere modelli di convivenza improntati sul mutuo aiuto e relazioni capaci di promuovere partecipazione. Contro le forme di discriminazione dovremmo iniziare a lavorare sui nostri pregiudizi e al contempo denunciare con forza ogni trattamento che non permette a qualsiasi persona o categoria un pari godimento di diritti civili, economici e sociali. Contro l’impoverimento dovremmo avvalerci di relazioni economiche e commerciali che salvaguardino la dignità di chi lavora. Come così contro la politica dei tagli e dell’austerità che riduce servizi e protezioni sociali dovremmo immaginare un modello sociale solidale che pone al centro la dignità della persona. Se occorre mettere in discussione tutto, iniziamo a cambiare radicalmente come consumiamo, dove investiamo i nostri risparmi, che qualità di relazioni costruiamo nella nostra quotidianità. Il più grosso alibi che ha ognuno di noi, è quello di delegare alla politica, al leader populista di turno, o addirittura anche ad un’associazione come la nostra il compito e la responsabilità di produrre il cambiamento. Invece per dirla alla Don Milani: ciascuno di noi è responsabile di tutto!

(Editoriale Finestra Aperta di Aprile 2014 - Magazine dell'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare Sez. Laziale ONLUS)

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